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PISA e le classifiche internazionali

Ricerche allarmistiche e necessità di una valutazione “di sistema” scientificamente attendibile

 
di Gabriele Boselli

 

Italia “paese triste” e “in declino”, "scuola nelle zone basse della graduatoria", “malasanità”, “incapacità di contrasto dei fenomeni criminali”: il nostro Paese e le sue istituzioni sono quotidianamente investiti da allarmanti campagne mediatiche scatenate dagli alfieri della privatizzazione totale sulla base di ricerche strumentali e assiologicamente contestabili.
E’ ad esempio il caso di riflettere sui criteri di derivazione economicistica con cui stanno lavorando alcuni sistemi nazionali di valutazione e su cui si opera anche nell’ambito del progetto P.I.S.A., una torre epistemica voluta da una organizzazione economica come l’OCSE e per la scuola ad alto rischio, anche se ancora non crollata poichè un po’ più evoluta di altre e soprattutto sorretta da robusti tiranti di ordine finanziario (parteciparvi costa molto, dunque suscita impressioni di valore). Se la torre INVALSI, con il suo ingenuo oggettivismo, sempre di matrice vertecchiana nonostante il cambiamento dei vertici, è ormai abbastanza nota a insegnanti e studiosi perché sia necessario scriverne, vale forse la pena di prendere in considerazione il progetto PISA (programma per la calibrazione (assessment) internazionale degli studenti, ora attivato sugli studenti quindicenni.
Il programma naturalmente non è interessato a valutare il conoscere della persona, ovvero il modo in cui in ciascun soggetto si tiene in attività (o si spegne) il nucleo generativo di regioni gnoseologiche, il topos ove si riavviano i saperi consolidati, si allacciano relazioni con tutta la gamma possibile dello sviluppo del sapere stesso.
Le discipline potrebbero essere intese come atti di costruzioni del sapere di lungo respiro, sedimentazione di infiniti atti cognitivi avvenuti nella storia; portano a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo. Direi che laddove la competenza (parente impoverita della c.) risiede nella cultura dell’ “utile”, l’essenziale delle discipline abiti in quella della “fondazione”; dove la competenza é “saputa”, la conoscenza è sapere in-finitamente in atto.
Il conoscere della persona attraverso le discipline non potrà dunque essere ripercorso come si fa in PISA attraverso tassonomie (classificazione/archiviazione anticipata dell'esperienza intellettuale); potrà essere un’ indagine per vedere se si mantenga attiva soprattutto la "spinta", un fascio di vettori che attraversando i portali delle strutture dell’intersoggettività (categorie, sistemi simbolici e costellazioni cognitive) riprenda il carattere organico, sempre in fieri e infinito del pensiero della persona che si volge all’Intero.

Lo scatenarsi delle antinomie, tra serialità e personalizzazione

In un processo valutativo consono alle epistemologie del postmoderno i risultati non dovrebbero essere ragionieristicamente elencati ma inter-rogati, cercati attraverso un discorso aperto fra i soggetti. L'essenziale -ovvero il contatto generativo tra un ragazzo e la cultura, la luce inestinguibile- potrebbe essere esplorato attraverso sentieri improgrammabili, nel rispetto del diritto del soggetto di essere autore del suo incontro personale, unico con il sapere.
Chi lavora al progetto delle due torri (rif. all’opera di Tolkien) non sembra interessato a una valutazione del conoscere della persona ma di un ente anonimo, senza volto, buono come massa di manovra; è dunque interessato alle sole competenze, pur definite “essenziali” (ma se sono essenziali non sono competenze e se sono competenze non possono essere essenziali) ovvero agli effetti secondari dei processi di acquisizione della capacità di conoscere. Nel progetto PISA il settore di esercizio è esteso a campi che in qualche modo assomiglino a quelli di impiego reale delle competenze, con specificazione almeno quest’anno di “aree di contenuto”: “spazio e forma”, “cambiamento e relazioni”, “quantità” e “ incertezza”: categorie di cui sfugge completamente il criterio di ordinamento, la struttura epistemologica. Sono concetti che sembrano buttati li a caso, senza un minimo di giustificazione e di credibilità teorica; avrebbero potuto essere altri e sarebbe stato lo stesso.
Le prove scritte sono naturalmente tutte strutturate, diversamente i risultati non sarebbero predeterminabili, con fissazione delle variabili di sfondo per garantire gli esiti finali; non si sa mai……E ben vero che i sistemi valutativi non sono nati per conoscere il campo dei fenomeni dell’istruzione ma per governarlo, tuttavia un maggior scrupolo epistemologico avrebbe almeno reso le due torri più convincenti.

La valutazione dell’apprendimento disciplinare come interpretazione esplicitamente inter-soggettiva delle valutazioni di ciascuno

Le due torri (ma non solo quelle….) sono anche effetti e immagini del residuo metafisico, pre-fenomenologico della cultura occidentale. Dell’idea che esistano verità ipostatiche, direttamente accessibili, indipendenti dalle persone; che siano possibili gli essenti senza i volti degli esistenti. Per sapere se una popolazione scolastica risponde bene bisognerebbe conoscere il mondo dal suo punto di vista e dalla sua storia; e non assolutizzare il proprio e la propria storia senza nemmeno denunciarlo. Nelle due torri, invero con minor rudimentalità metodologica nel progetto PISA, quel che viene proposto come fosse il riferimento assoluto, “oggettivo”, la verità incontrovertibile, è semplicemente l’espressione del modo di vedere il mondo e delle scuole scientifiche propri dei gruppi che preparano i tests.
L' insegnamento della disciplina ha invece un oggetto che appartiene a una storia (e il nostro tempo ha molte storie); ha un luogo (in cui nella multiculturalità dell’oggi convivono molti luoghi); ha un soggetto docente individuale e un soggetto discente con una propria differente identità. Quindi l'apprendimento delle discipline, se mai lo é stato, oggi non é più contenibile o riducibile da apparati universali capaci di fornire istruzioni per insegnare o per valutare non per forza di legge o di convenienza ma per autentico valore scientifico e pratico.

Provvisoria conclusione Le discipline vanno rispettate nel loro lasciar vedere, costituire traccia per itinerari soggettivi aperti all'intersoggettività. Non del far vedere, del mostrare, del provare con dei risultati il diritto all’esistenza. Dev'essere il soggetto a ordinare il suo mondo, a esistere intellettualmente, in forma positivamernte relata all' esterno ma autonoma. Chi non lascia essere, mortifica e a volte gli strumenti della valutazione sono le armi del delitto. Le discipline non sono un museo, ma delle realtà viventi nei soggetti che le esperiscono. L’anatomia del vivente uccide.
L’oggettività degli universi disciplinari –l’inestinguibile mito positivistico dell’in-sé e del per-sé- non è accessibile; il valore dell’istruzione è per contro inverabile come operazione di umana coscienza.
Analogamente dicasi per la valutazione delle altre istituzioni dello Stato. E per la nostra Patria.



F. Bertoldi Critica della certezza pedagogica, Roma, Armando, 1988
G. Boselli La valutazione. Un approccio ermeneutico, in Infanzia, La Nuova Italia, Aprile 1988
Bertoldi/Serio (a cura di) Oltre la valutazione, Roma, Armando 1999
P. Bertolini (a cura di) La valutazione possibile, La Nuova Italia, Firenze, 1999
G. Bertagna Valutare ciascuno, valutare tutti. Una prospettiva pedagogica, Brescia, La Scuola, 2004
G. Boselli Non pensiero ed oltre. Scenari e volti per un’educazione al pensare venturo, Erickson, Gardolo di Trento,2007

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