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Settembre


Uno sguardo su ciò che potrebbe accadere tra qualche mese nella scuola; motivi di debolezza e di forza, di timore e di speranza. Perché possiamo aver fiducia di cavarcela bene.

di Gabriele Boselli


Ricordate “settembre, andiamo, è tempo di partire…..”?

A settembre 2009, insieme ai dannunziani pastori d’Abruzzo, ripartiremo anche noi. Per dove? Con quali nocchieri? Con quale carica di speranza? Con quali mezzi?

Il DOVE ci è noto da sempre: avendo come riferimenti la Scienza e la Legge (unici “superiori” di chi insegna), procederemo verso punti di visione che consentano ai nostri ragazzi di conoscere e amare il mondo, con-vivere con i suoi abitanti e con le istituzioni dello Stato, essere felici.
I NOCCHIERI sono ormai noti e vi è dunque da augurarsi che ci sorprendano positivamente.
La SPERANZA, seconda virtù teologale, in degli educatori non può che essere tutta quella razionalmente possibile.
I MEZZI, certamente, saranno pochi. Istruzione, formazione e ricerca scientifica vedono da molti anni un progressivo disinvestimento. Di più e peggio, queste sono pensate dalle masse inebetite dal sistema informativo più come spese “che non ci possiamo più permettere” che come investimenti produttivi.
Certo, non vorrei essere nei panni di Giulio Tremonti. Le difficoltà dell’economia e del bilancio dello Stato sono effettivamente gravi. Roba da sentirsi mancar l’aria. I tagli sono dunque necessari ma bisogna anche pensare a quel che ci costa ogni taglio. Senza fare dell’allarmismo (comunque la scuola d’Occidente pur fra tante sofferenze adempie egregiamente la sua missione da 3000 anni) proviamo allora, realisticamente, a pensare a quel che succederà a settembre.

Classi e insegnanti di oggi.

Gli insegnanti della scuola italiana sono nella stragrande maggioranza persone colte che hanno MOLTO DA DARE E MOLTO DA DIRE DI PROPRIO. E’ tuttavia prevedibile che, in una percentuale non drammatica ma comunque elevata (direi intorno al 10%), alcuni fra gli insegnanti di oggi non reggeranno nell’affrontare da soli classi caratterizzate sempre più spesso da una composizione sociale dell’utenza che è profondamente cambiata dal 1990. Gli insegnanti davvero Maestri reggeranno, ma senza il supporto anche ridotto di qualche collega una parte rilevante del corpo insegnante non potrà sostenere in solitudine e di fronte a classi più numerose il confronto con la più dura realtà (stranieri, disagio sociale, handicap) delle classi di oggi, specialmente negli ultimi tre anni della scuola elementare.
La vecchia guardia dei docenti e dirigenti selezionati, come avveniva un tempo, attraverso duri concorsi pubblici per titoli ed esami da cui usciva vincente solo un 10-20 per cento dei concorrenti resiste e resisterà; purtroppo altri sono divenuti di ruolo solo in concorsi di diritto o di fatto riservati o per merito di stagionatura in graduatorie infinitamente permanenti e si sono logorati nell’attesa di una chiamata, nel passare in treno o in luoghi per loro alieni una buona parte della vita. Finchè si lavorava in tre su due classi, l’insegnante più capace soccorreva quello debole, domani questo non sarà più possibile. Inoltre, i genitori dal 1990 ad oggi sono divenuti molto più esigenti.
Considerando anche l’invecchiamento del corpo docente e la presenza di insegnanti obbligati a restare in servizio solo perché non hanno l’età anagrafica o l’anzianità per andare in pensione, non è difficile prevedere gravi difficoltà e una esplosione del contenzioso con le famiglie.

Mutazione del tessuto sociale.

La difficoltà di una profittevole frequenza della scuola non è solo degli alunni stranieri. Anche le famiglie e i ragazzi indigeni soffrono spesso per lo stress da lavoro, la precarietà e il sempre più basso reddito reale prodotto dal lavoro dipendente. Alcuni presidi delle scuole superiori mi riferiscono di famiglie che fanno domanda di iscrizione ma rinviano il pagamento della prima rata a tempi migliori. Di contro la ristrutturazione scolastica (non chiamiamola Riforma, non se ne son viste più dal 1923!) riduce oltre agli insegnanti il tempo scuola nel primo e nel secondo ciclo dell’istruzione e cancella le compresenze, ovvero lo strumento principale per venire incontro ai ragazzi in difficoltà .
L’aumento del numero degli alunni per classe e la prevedibile minor cooperazione dei docenti potrebbero provocare un aumento dell’insuccesso scolastico e della selezione; questo soprattutto se ci si dovesse limitare a tradurre i problemi esistenziali e comportamentali prodotti dalla ristrutturazione economica generale in meri fatti affrontabili attraverso sanzioni disciplinari e voti di condotta.

Con la costruzione dell’immagine si agisce sulla realtà.

Le basi “oggettive” dello sviluppo o del declino sono importanti ma non sono tutto. Quel che uomini e istituzioni divengono dipende in buona parte dal credito che vien loro accordato. Uomini e istituzioni tendono a divenire –in bene e in male- quel che vien loro suggerito di essere. Un ragazzo con molti e brutti voti sarà incoraggiato a non cercar di migliorare, non crederà alle proprie possibilità; valutato come un cattivo soggetto, inconsapevolmente si darà da fare per adempiere a quel giudizio.
Veniamo alle istituzioni. E’noto che nelle ricerche di sistema più costose non ci si può permettere di ottenere risultati diversi da quelli che il committente desidera in vista dei suoi scopi. Altrimenti sarebbero quattrini non solo buttati via ma addirittura investiti contro la “ditta”. La verità che interessa è la “verità” che serve ed allora ecco che le ricerche importanti vengono spesso congegnate in modo da dare risultati utili alla committenza.
Le ricerche più strombazzate dai media sono naturalmente quelle che danno una cattiva rappresentazione della scuola, istituzione che –pur detto implicitamente- non varrebbe i soldi che costa.
La “casalinga di Voghera” ci crede e con essa anche molti operatori scolastici con poca pratica di ricerca e una certa dose di ingenuità. Questi ultimi si deprimono e cominciano a dare di meno, tanto –accade loro di pensare- il giudizio è quello. Errore pernicioso, grave perchè basato su elementi privi di fondamento scientifico pluricontrollato.

Onorare la tradizione e aver fede in noi stessi.

Pur con tutte le difficoltà che ci attendono abbiamo ragioni e forze che ci permettono di sperare. UNA FORZA CHE NESSUNO CI PUÒ TOGLIERE È QUELLA DELLA TRADIZIONE. Mentre l'arco di visione degli apparati di consenso è limitato alla cronaca, il Maestro proviene dalla storia, fa vivere una tradizione e addita il futuro. Ogni cronaca come quelle dei media è sempre cronaca di un non-essere, o di una fine; una storia, ogni storia, è perenne.
I Maestri sapranno recuperare nella tradizione dei saperi il punto di vista trascendentale che li sorreggerà: insegneranno a guardare il mondo nuovo nel complesso degli atti di relazione che il soggetto, confortato dall'amicizia del Maestro e dei compagni, può instaurare con il mondo a partire dal campo delle sue letture e delle sue esperienze.
Dobbiamo resistere, conservare l'autonomia di maggior valore, quella intellettuale, e costruire. La scuola e l'università possono cer-care di offrire sentieri per permettere al soggetto di capire i saperi che anticipano il nuovo mondo e di istruire nei linguaggi utili alla sopravvivenza in un mondo più duro; educheranno secondo tradizione, orientando alla vita nonché al mondo come luogo dell'accadere umano, porta aperta sul futuro (il tempo che verrà), finestra socchiusa sul mistero (oltre il tempo).

Tornando alla contingenza, direi che in tempi difficili come quelli che ci aspettano a settembre avremo bisogno di autostima e fiducia in noi stessi, di sapere che disponiamo di umanità, capacità, conoscenze e competenze quanto basta e avanza per superare le difficoltà derivanti dalle ristrettezze dell’economia e dal differenziale di disagio aggiunto dalla situazione temporanea. Dobbiamo capire tutti che la grande maggioranza di chi lavora della scuola è costituita da persone di valore che lavorano bene. Per fortuna dell'Italia, ci siamo noi e siamo tanti. Se ce ne saremo ben resi conto, settembre potrà essere difficile ma non nero.

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