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Il merito: saper riconoscere intelligenze e talenti
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di Patrizia Appari
L’emergenza
educativa, da più parti denunciata nel nostro paese, non riguarda un solo
attore o un singolo aspetto, ma la società civile nel suo complesso.
Tre sono
gli ordini di criticità principali: il modello scolastico, gli adulti e il
sistema Paese.
Rispetto
al modello scolastico, il primo problema è relativo ai livelli di competenza
degli studenti italiani, molto bassi rispetto alle performance di altri
Paesi, come evidenziato dai recenti risultati dell’indagine PISA OCSE.
Nel mondo
degli adulti l’anomalia principale è relativa alla esistenza di una “incompetenza
culturale” diffusa.
Infine,
le criticità riguardano il complesso del sistema Paese che sembra
caratterizzato da una povera cultura del merito come fattore chiave, per
raggiungere risultati: si preferisce fare ricorso alle conoscenze personali o
affidarsi ad altre forze aleatorie.
La nozione di merito “è
ispirata al principio costituzionale di valorizzazione della capacità
individuale, e in quanto tale non mira a restringere il principio del
merito in una direzione meramente concorrenziale, quanto piuttosto
all’affermazione e al riconoscimento delle – diverse – capacità
degli individui. In tal modo, si dà piena applicazione al
principio di eguaglianza sostanziale, valorizzando il merito individuale
valutato in relazione alle capacità dei singoli “. Così recita l’art.
1 della proposta di legge presentata alla Camera dei deputati, il 5 febbraio
2008, dall’allora deputato Maria Stella Gelmini, oggi Ministro dell’Istruzione.
Se siamo concordi nel definire il merito come il riconoscimento sociale ed economico per l’insieme di
azioni intelligenti messe in atto al momento opportuno per la risoluzione di
problemi contingenti attraverso l’impegno del singolo, allora, l’aspetto
nuovo riscontrabile nel “riconoscimento delle capacità degli individui”
presuppone la competenza da parte dell’organizzazione che riconosce il merito
di saperlo valutare.
Parlare di merito significa parlare di valutazione e non si
può parlare di valutazione degli apprendimenti senza parlare di valutazione
dell’insegnamento.
Merito e meritocrazia
La parola meritocrazia riecheggia nei contesti più disparati ed
è una necessità avvertita dalla maggior parte della popolazione, tuttavia, i
comportamenti necessari al compimento, sono altra cosa.
Secondo Michael Young, il merito può essere espresso come risultato della somma di due
fattori: intelligenza, intesa come
capacità intrinseca dell’individuo di capire, interpretare e utilizzare le
informazioni di cui dispone; sforzo, legato ai comportamenti della persona, al
suo impegno.
Con la parola meritocrazia
si intende l’avanzamento dei migliori sulla base delle loro capacità e dei
loro sforzi, senza riguardo alla condizione sociale o al sesso. La nozione del
merito in quanto tale dovrebbe appartenere al sistema di valori di una società,
dovrebbe quindi impregnarne la cultura.
Se da un lato, si tratta di un concetto più o meno
universalmente condiviso e accettato, dall’altro, in molti casi si riscontra
una frattura tra l’importanza a esso attribuita e la sua applicazione concreta.
Se
impegno e talento potessero essere facilmente osservati, il principio
meritocratico sarebbe facile da applicare alla componente dell’impegno, mentre si potrebbe aprire una
ampia discussione sul come sia premiabile anche la dotazione di talento. Ma quando queste due
componenti sono inestricabilmente mescolate, le scelte sociali diventano
incerte. Per questa regione la precondizione per l’introduzione di principi
meritocratici che raccolgano un largo consenso è quella di estendere lo sforzo
di misurazione dei risultati, cercando di identificarne le componenti
costitutive. Solo per questa via gli individui saranno indotti ad
accettare
il passaggio dalle attuali politiche egualitarie sui risultati ad auspicabili
politiche egualitarie nelle opportunità d’ingresso.
Valutazione degli
insegnanti
La questione della valutazione degli insegnanti è questione particolarmente
complessa.
Sotto questo aspetto, manca un sistema in grado di esaminare le performance
dei docenti in termini di capacità e
qualità dell’insegnamento, alle quali ancorare la loro retribuzione, che
attualmente è uniformemente stabilita all’interno del contratto nazionale.
Secondo alcune indagini condotte in Italia, tra i docenti, è
diffuso un sostanziale pessimismo circa la professione svolta: il 75% dei
professori di scuola superiore ritiene che il prestigio sociale del loro ruolo
sia diminuito negli ultimi dieci anni; il 48% pensa che si ridurrà nei prossimi
dieci anni.
Questa
diffidenza è alimentata soprattutto dal fatto che gli insegnanti svolgono il
loro ruolo sulla base di titoli culturali (quasi sempre una laurea) e
professionali (un concorso o quanto meno un’abilitazione) nazionalmente
accreditati. Viene cioè dato in qualche modo per scontato che, sul terreno qualitativo, essi abbiano i requisiti per
svolgere il loro compito. Da qui l’affermarsi nel corso degli anni di un
appiattimento egualitaristico sul terreno retributivo.
Per
valutare il personale scolastico occorrono procedure
di verifica trasparenti e ponderate, per fare emergere, con il massimo di
oggettività possibile, il livello di impegno, di competenza disciplinare e di
capacità didattica.
Lungo
questa via, si dovrà necessariamente attribuire un peso equilibrato agli elementi qualitativi della professionalità,
anche se essi sono senza dubbio più ardui da valutare rispetto a quelli
quantitativi.
Autonomia
Il
dispiegarsi pieno e concreto dell’autonomia scolastica costituisce la
condizione essenziale per attivare compiute metodologie valutative sul
personale.
Con l’autonomia, infatti, le scuole dovranno sempre più rendere
conto dei risultati ottenuti e, perciò, dovranno anche essere messe in grado di
gestire le dinamiche che li determinano.
Alla
singola scuola dovrà essere affidata la responsabilità di amministrare e
gestire tutte le risorse, quelle finanziarie e quelle umane: in particolare il
potere di scegliersi (e quindi di valutare) il personale più adatto.
La valutazione degli insegnanti e in genere del personale
scolastico condotta a livello della singola scuola valorizza l’autonomia e
consente di evitare i rischi sottesi alla sola valutazione esterna non in grado,
sovente, di cogliere a pieno la complessità delle prestazioni professionali di
dirigenti e docenti relative ad un determinato contesto.
Più volte in progetti di legge non attuati è stata ventilata la
necessità di istituire in ogni istituzione scolastico un nucleo di valutazione di istituto.
Le competenze e la professionalità
Lo
spessore culturale e umano, la competenza disciplinare, la sensibilità
didattica, la capacità di valutare gli studenti, la disponibilità nei confronti
degli allievi, la collaborazione alla vita collegiale della scuola, le
relazioni con le famiglie, il coinvolgimento nella comunità locale
rappresentano il bagaglio di competenze che ogni insegnante dovrebbe
documentare nel proprio portfolio e contraddistinguono un profilo professionale indubbiamente alto, ma altrettanto
difficilmente misurabile.
E’
necessario per questo definire degli standard
che possano identificare l’insieme delle condizioni che rendano possibile la
misurazione dei livelli della professione
in ingresso, in carriera, di eccellenza. E’ necessario definire criteri per la valutazione dello
svolgimento della professione che declinino indicatori per le dimensioni epistemologiche, didattiche,
comunicative, relazionali, progettuali, valutative.
La
valutazione del lavoro dei docenti deve essere finalizzata non solo all’incentivazione
economica, la quale, non deve essere oggetto di contrattazione, ma strumento di
gestione, sia pure con le opportune forme di trasparenza, ma anche ad una progressione
di carriera che preveda una valutazione interna ed esterna svolta da figure di valutatori appositamente
formati (la figura del valutatore potrebbe essere uno dei nuovi profili di
carriera).
La carriera
Si deve
istituire, per legge, una carriera professionale dei docenti, che preveda
almeno tre livelli adeguatamente differenziati sotto l’aspetto retributivo.
Dall’uno all’altro si procede attraverso una selezione comparativa, basata sui crediti formativi e sulla valutazione dei risultati (portfolio degli
insegnanti).
L’esperienza
di una leardeship diffusa (vedi
funzione obiettivo/strumentale) basata su percorsi di formazione omogenei non
tendenti alla specializzazione che ha ormai esaurito il suo iter deve essere
superata attraverso modalità di formazione e retribuzione non episodiche ma
legate alla progressione di carriera e ad una retribuzione economica stabile e
non una tantum.
Oltre lo stipendio altre forme di incentivazione: una
formazione di qualità.
L’applicazione di principi tendenti al merito necessita di una
revisione radicale delle modalità concernenti la formazione in servizio,
la quale per diventare continua non
deve essere condizionata dalle emergenze culturali che di volta in volta si
prospettano all’interno del sistema scolastico ma deve essere “preventiva”:
- Progetti e percorsi formativi strutturati per contesti di alta professionalizzazione,
per i quali siano definiti a livello centrale standard organizzativi,
funzionali e metodologici che fissino delle soglie di qualità da rispettare da
parte dei soggetti che offrono formazione, ai quali percorsi i docenti possano
accedere in base al loro personale
progetto di carriera professionale.
Stage residenziali,
anni sabbatici potrebbero essere forme di incentivazione da concedere a coloro
i quali si impegnano nella progressione di carriera per voler giungere ai
massimi livelli.
- Modalità di formazione
obbligatoria per i docenti di ogni ordine di scuola su quelle tematiche che
si riscontrano nel corso del tempo, attraverso le modalità di valutazione
esterna del sistema formativo, carenti, urgenti e da approfondire.
Un organo di autogoverno
Un organo di autogoverno potrebbe definire o far rispettare gli
standard o le norme della professione attraverso la formulazione di un codice deontologico per impedire che
persone non qualificate e non abilitate esercitino la professione con possibile
danno per l’immagine della categoria. Un codice deontologico della professione docente,
specificamente disegnato per la funzione sul quale fondare un nuovo codice
disciplinare, che non riguardi più unicamente mancanze di tipo amministrativo,
ma responsabilità connesse con la natura professionale del compito.
Una strada raccomandabile sembra allora quella di costituire anche nel nostro paese un organo di autogoverno della docenza. Il riconoscimento della docenza quale vera e propria professione è stata una delle raccomandazioni dell’UNESCO sullo status degli insegnanti. Questo cammino è stato intrapreso da molti paesi anglosassoni con l’istituzione dei General Teaching Councils che, nella composizione, non sono totalmente autoreferenziali.