Cerca nel sito
Registrati
Diventare insegnanti
Articoli
Amici
Scuola infanzia
Raccontiamo storie ai bambini...
Novità
LIM
Formazione
Per gentile concessione ...
Metodi e tecniche a cura di Patrizia Appari
Le nostre pubblicazioni
Ultim'ora
La buona scuola
Valutazione e miglioramento
Revisione Indicazioni nazionali scuola infanzia e primo ciclo istruzione
Riforma scuola secondaria
Recentissime
Articoli
Etica e responsabilità
- Dettagli
- Visite: 8119
di Cristiana La Capria
Uno dei concetti a fondamento del pensiero che ha elaborato le nuove Indicazioni per il curricolo è quello collegato all’etica. Si ritiene che la scuola debba essere il luogo di iniziazione, di mediazione e di preparazione al rapporto responsabile tra il singolo e la collettività, tra il microcosmo e il macrocosmo della persona. In un epoca in cui il fenomeno della globalizzazione coinvolge la dimensione sociale, economica e culturale del mondo, è necessario imparare a leggere e a collocare la portata degli eventi al livello planetario. Questo significa che il lontano diventa vicino, significa che quanto accade nello spazio a me prossimo ha effetti su spazi distanti da me e, viceversa, che gli accadimenti lontani mi toccano da vicino.
Mauro Ceruti, presidente della commissione di esperti che ha elaborato le Indicazioni per il curricolo, ritiene essenziale sviluppare nelle coscienze degli studenti e delle studentesse un senso di “responsabilità planetaria” (Bocchi, Ceruti 2004). Siamo parte del pianeta, lo influenziamo e ne siamo influenzati in modi complessi e complicati. Quindi bisogna costruire mappe cognitive dinamiche per adattarsi alla discontinuità attuale.
Mauro Ceruti, presidente della commissione di esperti che ha elaborato le Indicazioni per il curricolo, ritiene essenziale sviluppare nelle coscienze degli studenti e delle studentesse un senso di “responsabilità planetaria” (Bocchi, Ceruti 2004). Siamo parte del pianeta, lo influenziamo e ne siamo influenzati in modi complessi e complicati. Quindi bisogna costruire mappe cognitive dinamiche per adattarsi alla discontinuità attuale.
Il metodo che riduceva il complesso al semplice, il molteplice all’omogeneo non è più valido. Ora ai docenti viene richiesto di articolare i percorsi, diversificarli, connetterli, senza fornire soluzioni fisse e univoche. Il luogo dell’apprendimento è nella creazione dell’itinerario, senza avere già pronta la pista di arrivo. Questa idea di complessa relazione tra le parti è concretizzabile, sul piano dell’organizzazione del sapere, tramite l’interazione tra le discipline che, invece di parlare solo la propria lingua, sono chiamate a dialogare con quella delle altre discipline (interdisciplinarità). Un sapere interdisciplinare moltiplica i punti di osservazione sulla medesima realtà (il piano scientifico, linguistico, storico-geografico, ecc): la scuola, insomma, deve istruire complicando lo sguardo sul mondo e facilitando la comprensione di esso.
Se sul piano del sapere formale la specializzazione disciplinare deve fornire nodi di raccordo con le altre discipline per aprire e moltiplicare i piani di lettura del mondo, sul piano dell’educazione relazionale, l’esperienza è più difficile da svilupparsi.
La scuola, ricordiamolo, deve anche educare: i docenti non possono dimenticare di avere di fronte una persona che è chiamata ad imparare non solo i contenuti ma pure le forme di relazione più appropriate. Il docente non può solo insegnare i contenuti del mondo ma anche il modo di stare al mondo. E questo è un compito assai più difficile. Le Indicazioni sottolineano che è necessario “istruire educando” e, per farlo, non si può solo confidare nell’attendibilità delle tecniche, dei metodi e degli strumenti di lavoro oggettivi. Perché la dimensione esistenziale si fonda sull’etica. Come definire l’etica?
“L’etica non si può esprimere” (Perticari 2001) perché essa si riferisce a un sentire implicito ad ogni agire e pensare e prevede sempre una relazione, quindi una intersoggettività. Io mi preoccupo dell’altro, del suo benessere, della sua cura. Tale sensibilità non è data dalla nascita, ma va stimolata, educata, aiutata a realizzarsi.
Se sul piano del sapere formale la specializzazione disciplinare deve fornire nodi di raccordo con le altre discipline per aprire e moltiplicare i piani di lettura del mondo, sul piano dell’educazione relazionale, l’esperienza è più difficile da svilupparsi.
La scuola, ricordiamolo, deve anche educare: i docenti non possono dimenticare di avere di fronte una persona che è chiamata ad imparare non solo i contenuti ma pure le forme di relazione più appropriate. Il docente non può solo insegnare i contenuti del mondo ma anche il modo di stare al mondo. E questo è un compito assai più difficile. Le Indicazioni sottolineano che è necessario “istruire educando” e, per farlo, non si può solo confidare nell’attendibilità delle tecniche, dei metodi e degli strumenti di lavoro oggettivi. Perché la dimensione esistenziale si fonda sull’etica. Come definire l’etica?
“L’etica non si può esprimere” (Perticari 2001) perché essa si riferisce a un sentire implicito ad ogni agire e pensare e prevede sempre una relazione, quindi una intersoggettività. Io mi preoccupo dell’altro, del suo benessere, della sua cura. Tale sensibilità non è data dalla nascita, ma va stimolata, educata, aiutata a realizzarsi.
In che modo? Partendo dallo sviluppo del senso di responsabilità che non deve rimanere un’idea astratta ma deve partire dal concreto dell’esperienza dell’educando. Responsabilità vuol dire rispondere all’altro e per l’altro, vuol dire, nella pratica dell’esperienza scolastica, che l’alunno deve imparare che c’è sempre un collegamento tra quanto fa e dice e le conseguenze che ne risultano. L’insegnante è chiamato ad orientare il percorso degli alunni e delle alunne in senso etico, ossia sollecitare domande e tentativi di risposta sul senso dei comportamenti, degli atteggiamenti, delle azioni che si rivolgono ad altri. - “Perché ho fatto questo? Che effetti ha avuto sull’altro?” Quello che io faccio ha conseguenze – positive o negative – sul mio prossimo e io ne devo rispondere -.
Più che controllare e supervisionare dall’alto o dall’esterno, il docente dovrebbe sviluppare l’autonomia di riflessione tramite un graduale processo di consapevolezza, per cui l’allievo porrà attenzione a quanto dice e fa - non per il timore di essere richiamato dall’adulto - ma in forza di una sua propria sensibilità per l’altro.
Tale percorso è graduale, va ovviamente proporzionato all’età e al tipo di esperienze pregresse della persona. Tuttavia è un percorso formativo necessario che non può essere pensato al di fuori di mete o prospettive verso cui sollecitare il significato delle esperienze relazionali dell’educando. Senza preoccupazioni etiche la formazione rischia l’insensatezza e l’improvvisazione (Bertolini 2005).
Quindi aiutare gli alunni/e a porsi delle domande e a darsi delle risposte: metterli nelle condizioni di chiedersi quale è il senso di ciò che fanno e di chiedersi quali sarebbero le conseguenze delle proprie scelte sul presente e sul futuro degli altri.
In un’epoca in cui le tecniche di comunicazione e di informazione elettronica accorciano le distanze e mostrano più agilmente di un tempo le articolate connessioni tra le varie parti del pianeta, è necessario per la scuola istruire ed educare alla responsabilità, vicina e lontana.
Istruire tramite la tracciatura dei molteplici percorsi disciplinari che osservano da diversi punti di vista le facce del mondo. Educare tramite la sollecitazione del potenziale senso di responsabilità da attivare verso l’altro, prossimo e distante, che sta nel mondo. In entrambi i casi è opportuno insegnare a fare domande, interrogare e interrogarsi sul senso di quanto si fa. E provare a dare e a darsi risposte, non assolute ma il più possibile adeguate alle circostanze. Una buona sfida.
Più che controllare e supervisionare dall’alto o dall’esterno, il docente dovrebbe sviluppare l’autonomia di riflessione tramite un graduale processo di consapevolezza, per cui l’allievo porrà attenzione a quanto dice e fa - non per il timore di essere richiamato dall’adulto - ma in forza di una sua propria sensibilità per l’altro.
Tale percorso è graduale, va ovviamente proporzionato all’età e al tipo di esperienze pregresse della persona. Tuttavia è un percorso formativo necessario che non può essere pensato al di fuori di mete o prospettive verso cui sollecitare il significato delle esperienze relazionali dell’educando. Senza preoccupazioni etiche la formazione rischia l’insensatezza e l’improvvisazione (Bertolini 2005).
Quindi aiutare gli alunni/e a porsi delle domande e a darsi delle risposte: metterli nelle condizioni di chiedersi quale è il senso di ciò che fanno e di chiedersi quali sarebbero le conseguenze delle proprie scelte sul presente e sul futuro degli altri.
In un’epoca in cui le tecniche di comunicazione e di informazione elettronica accorciano le distanze e mostrano più agilmente di un tempo le articolate connessioni tra le varie parti del pianeta, è necessario per la scuola istruire ed educare alla responsabilità, vicina e lontana.
Istruire tramite la tracciatura dei molteplici percorsi disciplinari che osservano da diversi punti di vista le facce del mondo. Educare tramite la sollecitazione del potenziale senso di responsabilità da attivare verso l’altro, prossimo e distante, che sta nel mondo. In entrambi i casi è opportuno insegnare a fare domande, interrogare e interrogarsi sul senso di quanto si fa. E provare a dare e a darsi risposte, non assolute ma il più possibile adeguate alle circostanze. Una buona sfida.
Riferimenti bibliografici
Bertolini, P. (2005). Ad armi pari. La pedagogia a confronto con le altre scienze sociali. Utet, Bologna
Bocchi G., Ceruti M. (2004). Educazione e globalizazione. Raffaello Cortina, Milano
Perticari, P. (2001). Pedagogia ed etica, ovvero: quel che resta dell’altro. In Tarozzi M. Pedagogia generale, Guerini, Milano.