di Gabriele Boselli, consigliere CNPI
A
orientare di fatto il percorso delle scuole sono i programmi perenni,
quelli che conservano sempre la loro essenziale attualità: insegnare
l’amore per la lettura e la scrittura, far provare curiosità e
attrazione per il mondo e le strutture formali delle scienze.
Indicazioni
o programmi di alto profilo culturale possono essere importanti:
servono soprattutto a far percepire un segno di attenzione dello Stato
verso la scuola, a far capire che questo, massima delle istituzioni, non
serve solo a provvederla di (pochi) mezzi ma a indicare –grazie al
contributo di persone di scuola che siano anche persone di scienza-
l’intenzionalità generale del sistema in cui la scuola è inserita.
La
riscrittura di questi giorni non apporta novità significative; ve ne
sarebbe stato bisogno sia per l’evoluzione della cultura e del mondo in
questi ultimi cinque anni, sia per il fatto che –con l’abolizione dei
moduli- le “risorse umane” della scuola primaria sono diminuite quasi di
un terzo e non è pensabile che quanto si faceva in tre si possa fare
ugualmente anche in due.
Introduzione o Postfazione?
Manca,
per ora, una vera Introduzione. Si comincia dando per buona quella di
Morin/Ceruti, in extremis richiamata in servizio. Ma -notava anche
Claudia Fanti su edscuola- non possono documenti comunque modificati
seguire la stessa premessa fondazionale. Le mura devono corrispondere
alle fondamenta.
In entrambi i casi andrebbe rafforzata
l'indicazione dell'unità del soggetto e dell' unità/pluralità della
cultura, dell'unità del sapere sulle frammentazioni microdisciplinari,
del primato del conoscere sulle competenze (concetto presente nel
documento Bertagna), della cultura sullo spezzatino didattico
(Bertagna), della persona sulla banalità del Mercato (Ceruti), della
complessità irriducibile del conoscere (ultimo Ceruti), della necessaria
ermeneutica dei saperi (Antiseri, Esposito)del Maestro sul sistema
(Bertagna).
La lettura della bozza 2012, comunque programmatica
anche se si usa ormai ripiegare sul meno impegnativo “Indicazioni”, pone
i docenti e i dirigenti di fronte a rilevanti questioni. Come orientare
i docenti e attraverso di loro i bambini e gli studenti più grandi, a
una intelligenza della complessità dell'universo culturale ed economico
globale? Con le sole meccaniche competenziali?
Quale curriculum
(percorso) può essere pensato per far pervenire a una intelligenza non
riduzionistica dell' ipercomplessità culturale e scientifica del mondo a
venire? Potrebbe avere alcune delle caratteristiche che seguono e che
nel testo in esame non sono individuabili.
Dalle Indicazioni Bertagna: il Maestro e l'idea di persona
Centrale nelle indicazioni del 2004 è l'idea di persona e quella, collegata, di personalizzazione.
Ci
sono vari modi di intendere la “personalizzazione”. Nella scienza
fenomenologica della personalizzazione, questa significa lasciar essere
la persona, laddove lasciar essere non significa certamente lasciar
perdere ma anzi accompagnarla nel suo protendersi al mondo. Il concetto
di tensione rinvia alle funzioni interazionali che si attualizzano in
un campo in cui una pluralità di enti (almeno due poli) danno luogo a
un assetto costellazionale in cui tutte le componenti sono
reciprocamente attive. Tensione diventa pro-tensione quando considerata
dal punto di vista del soggetto che ad altro si volge, augurabilmente,
mai perdendo coscienza di sé ma sapendo di essere-di-a-da-in-con-tra
altro e volgendosi a una zona del campo che non è quella da lui stesso
occupata. Intenzionalità è il nome che diamo a questa tensione
trascendentale (e trans-formativa) di campo. Il fatto che comunque
ciascuno di noi sia anche pre-compreso e pre-costituito dal contesto non
può far rinunciare a nessuno alla propria vocazione a essere e dirsi
in primo luogo e in prima persona attore e autore intenzionale nel
mondo. Pedagogicamente, il pro-tendersi si volgerà poi in pro-getto. Non
mero apprendimento di competenze.
Persona è -come individuo- il
singolo come datità, particolarissima entità che si forma nel casuale
punto di intersezione di infiniti eventi naturali, storici e
autobiografici. E' per-essere, ma da solo non saprà mai chi è, né potrà
andare molto avanti; soprattutto non potrà trascendere se stesso, un se
stesso che il non trascendimento depriverà di essere. Compito del
Maestro/a è di esser pienamente soggetto egli stesso; di dislocarsi
(quasi) fino al punto di vista dell'alunno e di accompagnarlo a farsi
pienamente soggetto prendendo coscienza di sé e conoscenza del mondo; di
aiutarlo a essere il meno possibile infelice, il più possibile felice.
Purtroppo,
dopo un'ottima parte generale (idee di persona, di cura, di scenario
epistemologico), le Indicazioni Bertagna si perdevano in una serie
minuziosa quanto disorganica di microobiettivi insignificanti,
disperdendo la propria intenzionalità di fondo.
Le Indicazioni Ceruti-Fiorin: complessità e pluralità, ma elementi di riduzionismo
Per quanto concerne un sommario bilancio scientifico della parte
generale delle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e
per il primo ciclo d’istruzione del 2007 firmate dal ministro Fioroni e
scritte da Mauro Ceruti-Italo Fiorin, insieme ad altri rilevanti autori
come Damiano Previtali (il quale aveva partecipato anche all’impresa di
Bertagna e ora collabora alla riscrittura delle Indicazioni 2012), sono
ancora particolarmente attuali le idee (presenti del resto anche nelle
Indicazioni Bertagna) di complessità e di pluralità culturale come
scenario in cui si dovrà muovere la persona nei prossimi decenni.
Andrebbe ora meglio sviluppato lo scenario della globalizzazione, per
l'enorme incremento che questa ha ora sulla scena non solo economica, ma
anche filosofica ed etico-politica, dunque pedagogica (Sassen, 2008, in
bibl.).
Additare la complessità (che non è la complicatezza ma il
groviglio di variabili-variabili in parte sconosciute e comunque esse
stesse in continua e in parte imprevedibile evoluzione) vuol dire
riavviare la ricerca sulle morfologie del sapere che possono servire a
intendere le pieghe del mondo di fine millennio che covano sotto le
apparenti regolarità evolutive di un universo divenuto "pluriverso"
ipercomplesso.
Sta sgretolandosi un mondo; chi lo sostituisce e con
che? Il post-moderno spezza il primato del soggetto, apre a possibilità;
non ci sono più le vecchie categorie concettuali. Economia, sviluppo
delle scienze e globalizzazione culturale, come evolute negli ultimi
cinque anni, non significano nulla?
Altre questioni. Pesa anche
sulla scuola dell’infanzia e primaria il cambiamento del lavoro. Qual è
il rapporto tra scuola e lavoro? Come stanno i ragazzi che vivono in
famiglie afflitte da precarietà del lavoro dei genitori o con genitori
che lavorano ma “spremuti” fino all'estremo? Ci sono aspettative
positive sul lavoro venturo dei giovani? La visione emancipativa e
universalistica della nostra scuola sta subendo forti battute di
arresto; è stata molto attiva alla fine degli anni sessanta tant'è che
ha allargato la base della mobilità sociale. Ora la scuola fatica a
restare efficace fattore di mobilità sociale.
Criticabili nel
documento del 2007 e nell’evoluzione del 2012 l'accentuazione esasperata
sulle competenze con relativi traguardi e la trascuratezza sull'atto
del conoscere, una certa ossessione per i soliti “obiettivi” riciclati,
la configurazione povera del concetto di “campo di esperienze” e di
“disciplina” (mancano indicazioni d'area e di strutture
interdisciplinari), la dimenticanza di alcuni profili essenziali del
panorama culturale e scientifico emergente, l'attenzione di tipo
essenzialmente retorico alle fisionomie della differenza e della
diversità (handicap, stranieri, aree del disagio).
Cercherò ora di
analizzare le difficoltà, di illustrare l'orizzonte degli eventi e la
costellazione dei fini, di indicare percorsi disciplinari e
metadisciplinari.
Indicazioni di ieri (2007) e classi e insegnanti di oggi
Nel
2007 erano tre per classe, ora sono due, con qualche raro extra. Le
vere indicazioni non saranno quelle scritte, ma quelle pensate e attuate
ogni giorno e quindi contano gli insegnanti. Occorrerebbe un piano di
formazione di portata e intensità analoga a quello escogitato per i
programmi del 1995; non tanto per spiegare le nuove indicazioni quanto
per ricostruirle insieme, riscriverle con un contributo reale di tutte
le componenti significative della scuola.
Infatti, gli insegnanti e i
dirigenti della scuola italiana sono nella grande maggioranza persone
colte che hanno molto da dare e molto da dire di proprio. Occorre
tenere alto il senso della meta e contrarre le pretese specifiche.
Finchè si lavorava in tre su due classi, l'insegnante più capace
soccorreva quello debole, oggi questo non è più possibile. Inoltre, i
genitori dal 2007 a oggi sono divenuti molto più esigenti.
Considerando
anche l'invecchiamento del corpo docente, la casualità delle vincite al
concorso direttivo e la presenza di persone obbligate a restare in
servizio solo perché non hanno l'età anagrafica o l'anzianità per andare
in pensione, dopo la riforma Monti/Fornero, non è difficile prevedere
gravi difficoltà di contesto.
Ricchezze ignorate e indicazioni per riscoprirle
Se
i documenti programmatici ministeriali cambiano o passano senza che
molti se ne accorgano (anche perché gli ispettori sono ridotti a 1/10
dell’organico e dunque difettano sia la promozione culturale che il
controllo e la ricerca scientifica), per fortuna il tesoro, che chi
insegna ha il compito di custodire, di tremila anni di cultura
dell'Occidente e delle persone che abbiamo con noi, resta. Si
incontrerà sempre di più negli anni a venire con altri tesori, in
particolare con quelli della cultura araba, cinese e indiana e le
persone che vengono da quelle terre. Ogni giorno la scuola riscrive le
Indicazioni possibili, autonomamente da quelle ufficiali.
In questa
contingenza siamo confortati anche dalla prevedibile ripresa del
processo di rivoluzione scientifica, sostanzialmente interrotto dopo il
primo trentennio del secolo scorso. E' ormai, nelle scienze dello
spirito come nelle scienze del mondo fisico, il tempo di un ulteriore
assetto del pensiero. E, tra vent'anni, di documenti programmatici
formali che ne tengano conto.
L'insegnante e il dirigente come Maestri
Chi è oggi il Maestro? Quale figura di docente è considerata/ignorata nell’attuale riscrittura delle indicazioni?
L’insegnante–Maestro è -insieme agli scolari e alla comunità educante
(Laporta)- l'essenza della scuola. Chi insegna o dirige davvero è
persona che ha capacità di critica e detiene autonomia intellettuale,
morale ed estetica (Kant).
Il suo tramandare il conoscere (per
addestrare a competenze bastano degli istruttori) non è operazione
neutra; attraversando il campo specifico di conoscenza il Maestro lo
“contamina” della sua soggettualità e la sua soggettualità né è
profondamente “contaminata”. Porta in dono agli alunni una disciplina
dell'Intero rigorosamente e filologicamente studiata e fedelmente
ricostruita quanto personalmente frequentata, ripensata, interpretata,
reinventata.
Insegnare o dirigere è e potrebbe essere sempre più
espressione dell' "esser-presso" (presso i libri, i laboratori, i
colleghi, gli allievi) e prevedere (Mortari) per il docente innanzitutto
l'accogliersi, l'approvarsi, il riconoscersi come soggetto, come
co-autore di un campo di eventi intenzionalizzato (le discipline come
officine di senso), di storie improgrammabili.
Per nuovi curricula: essenzializzazione
Che
imperino Programmi, che regnino Indicazioni o difettino culturalmente e
pedagogicamente sia i primi che le seconde (è forse il caso di cui
trattasi), la scuola fa il suo corso; è protagonista di un cammino
continuo, sia sul piano umano che culturale, anche per essere meglio in
grado di leggere la diversità e la sofferenza attraverso i segnali che
queste mandano. Il suo percorso è in gran parte frutto di
autocoscienza, ma anche di impegno, dialogo, dialettica; cerca di
portare all'intelligenza delle destinazioni.
Essenzializzazione era
la parola cardinale dell’atto di indirizzo del 2010, ora non più.
Conoscenza "essenziale" non è affatto sinonimo di “minima" (spesso i due
termini sono considerati tali), aggettivo quest'ultimo interno a una
cultura della necessità, della determinazione, del riduzionismo e dunque
della competenza. E quel che è essenziale non è traguardabile, essendo
all'origine.
I saperi del conoscere, volti non al produrre risultati
da sbattere sul mercato dei meriti immaginari e delle relative
classifiche ma all'essenza, sono saperi di lungo respiro; portano a
pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e
probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e
prossimo venturo. I saperi essenziali -saperi di libertà- generano
pensieri nuovi, dunque costruiscono la città futura (A. Gramsci La
formazione dell'uomo, Editori Riuniti, 1970), valorizzano le diversità e
le differenze; quelli traguardabili mettono davanti a tutti qualcosa
che è estraneo a ciascuno.
È opportuno per chi è a vari livelli
coinvolto nella vicenda della scuola fermarsi ogni tanto e riflettere
sui saperi che si sono sedimentati nei testi e su quelli che ancora
attendono di entrare nella dimensione della scrittura o dell'immagine
riconosciuta (Canfora, La democrazia. Storia di un'ideologia, Laterza,
2004).
Gli obiettivi non reggono l'ipercomplessità
Il
nostro è il tempo delle dizioni e delle contraddizioni del mondo, delle
linearità e delle non-linearità, delle distinzioni e delle
contrapposizioni, del pensiero e del non-pensiero, dell'inclusione e
dell'esclusione. Il tempo, augurabilmente, della transizione a una
progettualità pedagogica europea (ma di marca ”continentale”) che
prepari i giovani a pensare il mondo in cui vivranno loro, non quello in
cui stiamo vivendo noi. Per corrispondere alla ipercomplessità del
mondo si dovrebbe veicolare una cultura narrante, non frammentata in
obiettivi e competenze. I nuovi saperi della scuola dovranno tener
conto che non solo i contenuti e le forme ma anche le stesse categorie
classiche della conoscenza umana stanno mutando nell'interazione con il
nuovo mondo, con velocità assai maggiore che nel tempo della pura parola
o dell'immagine preelettronica. Additare la complessità (iper) vuol
dire riavviare la ricomposizione secondo ermeneutica dei saperi classici
e l'entrata di quelli "nuovi" e in particolare delle nuove morfologie
del sapere che possono servire a intendere le pieghe del mondo di inizio
millennio.
Permanenze e mutamenti
Nella particolare
contingenza delle mutevoli indicazioni ministeriali, come può la scuola
riguadagnare una cattedra, intesa questa come metafora di un affidabile
riferimento offerto a grandi e piccini in tempi di grande insicurezza?
Una cattedra di etica, di avvio a una conoscenza rigorosa, di percezione
e costruzione estetica del mondo. Come può esserlo nel tempo
dell'oscillazione di tutti i punti di riferimento, dell'alienazione di
molti indotta dalle ultime contrazioni delle forme/lavoro, come dare
all'eroismo di tanti insegnanti e genitori uno scenario di speranza e di
fiducia nella possibilità di migliorare le cose?
Quali indicazioni
essenziali, dunque, per educare e istruire, avrebbero potuto delinearsi
nello scenario della società e della cultura contemporanee? Su cosa
continuare a fare affidamento e quali altri riferimenti indicare a chi
accompagna coloro che sono agli inizi del cammino?
Permanenze
Resta
-ci si augura- lo Stato, attuazione istituzionale della volontà dei
cittadini. Uno Stato che abbia una visione eticamente fondata della sua
funzione, che non sia asservito ad alcun'altra forma di potere. Uno
Stato delle istituzioni che traduca nel tempo lo Stato dello spirito.
Resta,
pur oltraggiata, la Terra e le terre, ovvero ciò di cui ciascuno di noi
primariamente è costituito; dobbiamo insegnare a conoscerla e amarla.
Resta il pensiero induttivo di pensare e di conoscere che si è tesaurizzato in 3000 anni di storia dell'Occidente.
Resta
l'amore che perennemente rinasce tra le donne e gli uomini di questo
pianeta, amore tra loro, per la cultura, per il patrio suolo, per il
pianeta e per le stelle e per ciò che possiamo immaginare oltre tutti i
cieli. Le scuole conservano questi tesori e li portano a frutto donando
antiche e nuove ragioni alla Speranza (Spe salvi, Benedicti XVI).
Mutamenti
Muta
il tipo di affidamento che si fa sul patrimonio culturale (valoriali) e
sul suo futuro. Non statica roccia ma elementi dinamici che maturano
nel primario luogo di produzione del vero: l'interiorità della persona
(Agostino d'Ippona). Roccia per consistere con sicurezza nel tempo della
globalizzazione, ovvero della precarietà e delle grandi oscillazioni
dell'economia e dei valori.
Mutano significato anche alcune delle
parole essenziali dell'orientarsi del soggetto nel mondo, di seguito
esposte in ordine alfabetico come riferimenti destinati ad assumere
nuova pregnanza: altro, conoscere, coscienza, desiderio, dialogo,
disincanto, epochè, evidenza, fondazione, frattale, giocare,
incompletezza, indecidibilità, Intero, intersoggettualità,
intenzionalità, migrazione, narrazione, nodo, non lineare, paradosso,
persona, piega, relatività, relazione, rete, rischio, rumore, senso,
soggetto, sollevare, slargare, sospetto, stati critici, Stato, tensione,
tensori, vettori, velocità-lentezza. vuoto. Parole chiave del sapere
emergente e quasi assenti nelle bozze che leggiamo.
Su
queste parole gli insegnanti/Maestri stanno lavorando; non per adattare
la scuola al mondo presente, destinato a non essere più quando i nostri
alunni saranno adulti, ma per costruire con fiducia quello venturo.
Ricordare i nostri Maestri
In momenti difficili come questi, occorre trovare forza nelle memorie
dell'esperienza, nel ricordo delle grandi figure di insegnanti e
dirigenti che abbiamo conosciuto e ci hanno dato coraggio. Un thesaurum
meritorum cui attingere per conservare la nostra dignità e mantenere
l'autonomia che più conta, quella intellettuale, morale, pedagogica.
Immaginare
Ma la scuola non è solo memoria: sarebbe rapidamente cancellata. Deve liberare il futuro.
Ogni insegnante o dirigente o ispettore, che sia anche un Maestro, è anzitutto un maestro di libertà.
Quando
il suo pensare non è schiacciato sulla contingenza, non è solo
parafrasi di testi preesistenti, è anche la voce per cui il futuro si
crea. Forte dell'eredità dei millenni, riesce a pensare (e additare)
alla desiderabilità del domani; insegna a guardare al futuro non con
timore ma con speranza.
Disciplinarismo e discipline come accessi all'Intero
Certo,
per indicare l'Intero, le mete, un senso che trascenda il momento
occorre averne qualche idea. Le discipline del conoscere che hanno
luogo nelle aule/officine sono gli ambiti ideali ove il lavoro
intellettuale degli insegnanti indirizza il cammino degli alunni a
trovare e riconoscere radici, storicità e senso al proprio intendere e
procedere verso ulteriori stati del conoscere. Il lavoro/otium (agire
della persona cosciente, libero, intrinsecamente motivato, generativo
di valore) si svolge attraverso il confronto con la vicenda
dell'interrogarsi dell'uomo intorno al mondo e alle linee di
significazione del mondo dal punto di vista dell'esistenza quale si è
costituita nelle varie discipline in quanto tradizioni di ricerca e
depositi attivi di conoscenza.
Nella prospettiva della pedagogia
fenomenologica, ad esempio, le discipline non mostrano ma, detto di sé e
riconosciuti gli interlocutori, raccontano e additano, formano in
quanto offrono consuetudini di approccio affinché il venire a evidenza
dei fenomeni fisici e culturali, nel momento come in tutta la storia del
conoscere, lasci tracce attive nella coscienza del soggetto, divenga
storia sua. Un additare l'evidenza che inviti all'apertura, intro-duca
non tanto alla conoscenza quanto al conoscere, non tanto allo stato
quanto al senso, metta in moto nelle direzioni verso cui l'intelligenza
del soggetto in sintonia/dissintonia con la comunità dei ricercatori è
vocata a trascendersi .
Discipline per lo sviluppo di una pura, indifferenziata, aprente capacità di conoscere
E'
auspicabile la formazione dell'autocoscienza del senso come
integrazione/distinzione tra il soggetto e gli eventi di cui partecipa e
degli eventi tra loro secondo le tradizioni interpretative storicamente
formate (discipline come analisi). Ma il senso dovrebbe mantenersi
unitario e additare la totalità, situarsi nella costituzione
intellettuale dell' unità tra soggetto e mondo e tra i vari profili
delle visioni del mondo.
La disciplina, nel tardomoderno della
didattica oggetto sincrono e ed epistemicamente confuso con il campo di
eventi trattato, non mostri ma racconti e additi, indichi qualcosa che
non sta al suo interno, che non le appartiene. Offra per questo
consuetudini di approccio affinché il venire a evidenza dei fenomeni non
sia vano e lasci tracce attive nella coscienza del soggetto, divenga
storia sua.
La conoscenza è indivisibile, è articolazione della
visione del mondo non smontabile in obiettivi ovvero in frammenti posti
come dotati di significato. Lo è invece la competenza, unica forma di
cultura voluta per le masse destinate al lavoro esecutivo (quasi tutto):
quel che conta è il saper fare una certa cosa secondo gli standard
produttivi dell'officina tardomoderna e possibilmente senza conoscere la
radice e il senso di quel che si fa.
Un curriculum, contrariamente
alla pedagogia più corrente (obiettivi, competenze, etc.), non è una
manovra informatizzata, non è un piano lineare di percorrimento di un
pre-pensato. E' un movimento incerto, solo probabilisticamente
prevedibile, animato da tensori interni al soggetto e al suo ambiente e
si attua come percorso esistenziale che porta alla consapevolezza della
prossimità a molteplici radici degli eventi, allocabili nella pluralità
degli spazi e dei tempi, prima ignote al soggetto.
Le indicazioni impossibili
Le Indicazioni dovrebbero poi prospettare con forza come in Europa
siamo a un momento di vera e propria mutazione culturale, nonché di
uscita dalla lunga crisi della cultura e della scienza che dura dalla
compressione degli anni quaranta. Servirebbe dunque un quadro
epistemologico emozionalmente sostenuto, una lettura anche “mitica”
della contemporaneità, capace di appassionare.
Più che “Traguardi di
sviluppo della competenza” chiusi nel sintagma tardomoderno e nelle
visioni economicistiche meno aperte alla filosofia dell'innovazione
diffusa, sarà forse necessario in futuro indicare le direzioni cui
s'intende volgere il senso dell' azione pedagogica e didattica. Linee
che primariamente indirizzino al conoscere, finalità essenziale di tutta
la scuola e solo secondariamente alle competenze, che tra l'altro,
senza le prime, costituiscono una forma di agire insensato.
Onorare la tradizione e aver fede in noi stessi
Pur
con tutte le difficoltà che ci attendono, nella scuola e
nell'università abbiamo ragioni e forze che ci permettono di sperare.
Una forza che nessun decreto legge ci può togliere è quella della
tradizione. Mentre l'arco di visione del potere e degli apparati di
consenso è limitato alla cronaca, il Maestro proviene dalla storia, fa
vivere una tradizione e addita il futuro. Ogni Indicazione insistente
nel mero orizzonte della cronaca è sempre cronaca di un non-essere.
I
Maestri sapranno autonomamente recuperare nella tradizione dei saperi
il punto di vista trascendentale che sorreggerà: insegneranno a guardare
il mondo nuovo nel complesso degli atti di relazione che il soggetto,
confortato dall'amicizia del maestro e dei compagni, può instaurare con
il mondo a partire dal campo delle sue letture e delle sue esperienze.
Forse
in qualche venturo documento programmatico verrà privilegiato il
pensiero pensante ed evitato il risucchio nelle correnti discendenti
della banalità, nel pensiero amministrante, volto a una scuola che miri
solo a far acquisire a basso prezzo per il sistema competenze
misurabili.
Nelle scuole autentiche (luogo di persone amiche tra
loro che si raccolgono per guardare alto e lontano) si addita ai giovani
l'Intero, che non è solo interdisciplinarità. Il mondo tardomoderno è
plurale ma uno deve essere lo sguardo che lo coglie: lo sguardo degli
Interi (le persone) che si volgono all'Intero (tutto ciò che è)
(Platone, Agostino, Hegel, Gentile, Husserl, Heidegger, cioè il futuro
del pensare). Nella cultura e nella società contemporanee e in quelle
prossime venture l'Intero non è un ammasso di pietra omogenea ma è un
fluido; non è l'Unico ma riflette e trascende il tempo della pluralità.
In
estrema sintesi, occorre che la scuola insegnante, la scuola dei
Maestri che non si illude più ma non ha perso la capacità di sperare
“scriva” anche in proprio, in sintonia con la scienza e la cultura,
indicazioni finalizzate a volgere lo sguardo e il cuore agli Interi e
all'Intero e riconoscere a ogni valido insegnante, dirigente e ispettore
la piena dignità del Maestro.
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Saskia Sassen, Territorio, autorità, diritti, Bruno Mondadori, 2008.
La rivista elettronica Paedagogica, la rivista e il sito Encyclopaideia (Bononia University Press)
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