di Gabriele Boselli e Agostina Melucci
Sintesi
- L’insegnante che sappia essere anche un Maestro porta l’alunno ad
amare e conoscere l’Intero, a non perdersi nella cultura dello Strumento
(competenzialismo); addita alla pura, aprente capacità di conoscere
spazi interminati di distensione delle singolarità nell’umano e nella
cultura disciplinarmente costituita.
1. Ex-perienza ed ex-ducazione dal non-pensiero
1.1 I campi di esperienza
I
campi di esperienza –concetto di origine fenomenologica introdotto
nella normativa attraverso gli Orientamenti per la scuola dell’infanzia
del 1991, principalmente ascrivibile a Piero Bertolini- sono nella
nostra interpretazione gli spazi e nel contempo gli squarci
trascendentali con cui l’Intero si presenta al soggetto singolare e
plurale. Non riproducono stratificazioni cultu¬rali (discipline)
preesi¬stenti ai soggetti; si formano in seguito a processi di
conoscenza che si costruiscono in un campo di significati elaborato
quotidianamente sul luogo stesso in cui si vivono le esperienze. Il
campo di esperienza non é una strut¬tura formale precostituita né un
insieme compiuto di attività didatti¬che ma è tratto dell'esperire della
soggettualità nel suo incontro con le altre, con la natura e con la
storia. Non preesiste all'esperire dei soggetti. Il suo esser percorso
lo con-forma e accresce il patrimonio formale di chi lo at¬traversa.
Il
campo di esperienza si attraversa con l'esperire che muove dall'azione
per pervenire ad una riorganizzazione del vissuto sul piano simbolico.
L'esperienza non è un dato, viene costruita attraverso i sistemi
simbolici, grazie a queste forme dell'intersoggettività culturale.
Non é una costruzione meccanica: il campo si costituisce nel momento
del suo farsi in cui il soggetto nel suo incontro con il mondo
rappresenta i fenomeni. Ogni autentica conoscenza di campo è
transformativa dei significati originari, ma anche generatrice di
signifi¬cati nuovi e importanti.
L'esperienza é unitaria; è contesto
da cui muovere per acquisire conoscenza. Si parte da questa e a questa
si ritorna in forme più ricche e articolate introducendo ordini di tipo
culturale per poi procedere ancora a ricomporre l'insieme. Il campo di
esperienza potrebbe configurarsi quale spazio per un gioco di
composizione e di scomposizione.
Ogni conoscenza comporta anche un
processo di scomposizione e ricomposizione dell'Intero. Il campo come
oggetto dell'esperienza, ciò su cui l' esperienza verte non é
didatticamente disgiungibile dal soggetto dell'esperienza, ossia dal suo
autore e dal contesto complessivo.
1.2 La scuola e i campi e i sentieri dell’esperire
La
scuola è quel luogo dello spirito in cui, ricordando, sognando,
progettando e costruendo l’umanità giunge a coscienza e attinge alla
pienezza della vita. O viene confusa, dimentica e perde insieme
all’immaginazione l’identità, diviene luogo del nulla, incapace di
futuro (1). Noi che veniamo da tremila anni di storia, dobbiamo
contrastare la propaganda demolitoria (somministrazione da parte dei
media di ricerche controinteressate di OCSE, INVALSI e altre tipo
fondazione Agnelli) e sconcertare gli insegnanti che sono stati convinti
a non credere più nel valore di quel che fanno; dobbiamo introdurre
elementi di autostima e di fiducia nel loro orizzonte di attesa. Si
possono affrontare prove anche più difficili di quelle difficilissime
che ci aspettano ma occorre essere consapevoli del da-che, del per che,
del possibile, dell’ulteriorità praticabile.
Dopo le Indicazioni per
i licei e le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali,
arriveranno i nuovi documenti per la scuola primaria e secondaria di I
grado. Quali nuclei culturali verranno indicati? Di quale insegnante o
dirigente (scolastico, tecnico, amministrativo) la scuola ha bisogno
nella contingenza del processo di scrittura delle indicazioni o
comunque dei documenti programmatici che potrebbero essere inviati alle
scuole nella precarietà istituzionale di questa contingenza storica?
Come svolgere un lavoro di ricerca e di documentazione che non
diminuisca di valore con il variare dei ministeri e delle loro mutevoli
indicazioni programmatiche (2001, 2004, 2007, 2010…..?).
Occorre
tener conto che la "riforma continua" o meglio la ristrutturazione della
scuola, dei suoi saperi e delle sue strutture organizzative può
ricevere senso (da noi insegnanti, dirigenti, ispettori, ricercatori,
altrimenti da chi?) se esprime un mutamento culturale, rappresenta
l'ingresso di scenari teorici e pratici ancora lontani dalla visione del
mondo propria del senso comune e di molti docenti e dirigenti .
1.3 Realizzare un’autonomia autentica (intellettuale, morale, pedagogica)
Una
scuola non è autonoma se lo è solo sul piano organizzativo. Lo è se è
capace di conquistarsi autonomia intellettuale e pedagogica.
Insegnare
è soffrire per gli apparati didattici del non-pensiero (TV, videogames e
parte del sistema informativo) ma anche aver la fortuna di spendere il
più del tempo di vita nell’essere parte del processo di generazione
della cultura e della scienza, contribuire all’evolversi della società,
aprire spazi e offrire metodi al conoscere dei giovani. Insegnare
significa confrontarsi attraverso i giovani con tutti i fenomeni della
torsione intellettuale e del disagio esistenziale di questa società
d’inizio millennio, ma anche essere illuminati dalla curiosità,
dall’intuizione, dalla fantasia, dall’impeto e dall’intelligenza delle
nuove generazioni. Tutti fattori di nuovo pensare.
I documenti
programmatici ministeriali passano, il tesoro, che abbiamo il compito di
custodire, di tremila anni di cultura dell’Occidente e delle persone
che abbiamo con noi resta e si incontrerà sempre di più negli anni a
venire con con altri tesori, in particolare con quelli della cultura
araba, cinese e indiana e le persone che vengono da quelle terre.
E’
tempo dunque di interrogativi radicali. Vi è ancora un cielo, e quale,
sopra di noi? Scorre la storia, o il suo fluire è cessato? Le civiltà
sono inesorabilmente avviate al dialogo o al conflitto? Possiamo
accontentarci di saperi produttivi unicamente di pensieri “utili” in
quanto destoricizzati, depersonalizzati, definalizzati, di competenze
atte a far conseguire gli obiettivi di un mondo trasformato in dominio?
In cosa può consistere, oggi, l’esercizio del pensiero?
1.4 Via dalla depressione, guardare al futuro
La
scuola negli ultimi anni è cresciuta nel disincanto ma non si è
dispersa nella depressione; è ancora capace di tutelare la meraviglia,
la speranza, di nutrire la fiducia dei giovani nel loro futuro.
Occorre
coltivare speranze nella possibilità di restare (e di educare a
divenire) soggetti individuali e collettivi non rassegnati ma viventi
nella storia perenne dello spirito. Sarà allora (futuro ottativo)
pensiero che fluirà da una vita riappropriata e da una cultura alta:
pensiero non rassegnato, critico e creativo, sensato e sensante, non
superficiale ma profondo, non frenetico ma lento, non scenografico ma
autentico, non monolitico ma plurale, non descrittivo ma interpretativo,
non solo universale ma anche regionale, non dominato dalla necessità ma
aperto sul possibile, non deterministico ma indeterministico, non
epistemico ma epistemologico, non separante ma connettente, non
sistemico ma costellazionale.
Sarà vero che l’ipersistema della
cultura tardomoderna si va sfaldando e in quali forme un universo
culturale nuovo, un nuovo pensare e un nuovo insegnare vanno prendendo
forma? La scuola, l’università e le costellazioni della ricerca possono
essere nutrici o forse madri di imminenti macrofenomeni del pensiero?
In
questo domandare siamo confortati anche dalla prevedibile ripresa del
processo di rivoluzione scientifica sostanzialmente interrotto dopo il
primo trentennio del secolo scorso. E’ ormai, nelle scienze dello
spirito come nelle scienze del mondo fisico, il tempo di un ulteriore
assetto del pensiero.
1.5 Cosa cambia e cosa è destinato a permanere negli scenari del conoscere. Inter-rogazioni
---Pieghe
imprevedibili si formano per effetto di tensioni discontinue sul piano
evolutivo della cultura e con meccanismi d’onda ne aprono altre
sull’esistenza e sull’educazione delle singolarità. Quali spazi si
aprono per il pensare dei docenti, soggetti intellettualmente e
pedagogicamente motivati?
---L’ampia virtualizzazione del mondo
riduce la solidità delle “cose” artificiali e incrementa i “quanti di
forza” i vettori, i tensori che con ampie e non lineari escursioni di
potenza in modo poco prevedibile ridisegneranno il mondo. Quali effetti?
---La
probabile, imminente rivoluzione delle conoscenze. L’attualità portata a
evidenza dagli studi presenta lo stato brillante della ricerca
tecnologica, quello ingessato e sotto pressione della ricerca
scientifica, una certa depressione teleologica delle scienze dello
spirito. Tutte le scienze sono però percorse da tensioni, agitate al
loro interno da vettori di trasformazione intensi seppur disorganici,
grandi masse di conoscenza sempre meno si riconoscono nelle varie
legislazioni disciplinari.
Siamo dunque in stato pre-critico? Gli
statuti del conoscere si incrineranno al punto da non poter più
sostenere il peso del nuovo?
---Economia globale e tensioni
innescate La globalizzazione porta le nuove generazioni a una precarietà
del lavoro che si traduce anche in precarietà dell’esistenza. Come
ritrovare serenità all’elaborazione di progetti di vita e di
educazione?
---Il Maestro Contro la compartimentazione/frammentazione
delle conoscenze costituite, ci sarà sempre il Maestro ad additare la
totalità del campo dei fenomeni. Saprà efficacemente additare l’Intero,
che non è il finito né il completo? Contro la frammentazione delle
conoscenze e del lavoro, la scuola, l’università, le biblioteche, i
musei sapranno creare le condizioni di un conoscere che abbracci nella
sua interezza il campo del pensabile? Saprà additare, oltre il
pre-pensato, l’impensato? Continuare la tradizione e nel contempo
schiudere i giovani all’inconfigurato, al venturo?
--Scuola di
con-fine Ogni vera scuola è di confine: con l’impensato, il
trascendente, il futuro. Sapremo invitare a far esodo dalle contingenze
che non ci fanno vedere nulla che non sia ideologia del Globale, che ci
alienano gli spazi autenticamente vitali? Come introdurre i bambini e i
giovani a una vita propria illuminata da un pensiero proprio?
Non
posso pensare (ri-creare) il mondo senza una struttura complessa (o per
meglio dire ipercomplessa) di idee. La scuola e l’università devono
educarsi ed educare i giovani a fuggire le semplificazioni e i
riduzionismi e portare la mente a vedere in grande, oltre il presente ma
con attenzione all’attuale. Ciò di cui tutti dobbiamo prendere atto è
che ormai l'accumulo quantitativo e la pressione qualitativa delle
conoscenze e delle ignoranze (i cambiamenti culturali sono indotti
anche dai vuoti) hanno ormai prodotto una massa critica e posto le
condizioni non solo per sviluppi importanti ma per vere e proprie
discontinuità paradigmatiche. Non solo scientifiche, anche economiche e
politiche. Fino a farci profondamente riconsiderare anche l’idea di
Nazione. Idea romantica sempre incompiuta, spesso dichiarata estinta,
salvo riproporsi –anche nelle epoche buie- ad ogni nuovo Risorgimento.
2. Cultura della globalizzazione e ossessione per le competenze
2.1 Distensioni e compressioni della singolarità
Il
soggetto trascendentale è l’io in quanto attraverso la ricerca, la
dialettica e il dialogo si pone e pone attentamente e attivamente il
non-io, l’altro da sé; non può senza violenza (di qualsiasi tipo) essere
posto da alcunché. Soggetto storico consapevole e disteso al futuro, è
l’io autore di una singolare, faticosa impresa di visione del mondo,
della politica e della scuola.
Compito della pedagogia è –
constatata la politicità dei fatti e degli atti educativi e la
politicità della pedagogia stessa- di additare a chi insegna
l’opportunità comunque esistente di divenire pienamente soggetti
politici e di indicare agli alunni le possibilità di divenire anch’essi
pienamente soggetti prendendo coscienza di sé e conoscenza del mondo.
Per noi come per Kant (a mio avviso il padre di Husserl e di tutti i
fenomenologi) è la questione più difficile. Serve un “impegno senza
certezze” (Tarozzi, seminario di Rubiera) ma con sicurezze, fiducia di
poter combinare qualcosa, capacità di sperare: la fenomenologia è
preziosa perchè non ci dice dove andare e che fare ma ce lo fa dire.
Sentire
il mondo nuovo vuol dire co-struirlo estendendo il nostro orizzonte,
fuoriscendo almeno con il desiderio dalla contingenza; è creare uno
contro-pressione intenzionale che contrasti la pressione intenzionale
sistemica. Il fatto che qualche sole dell’avvenire si sia eclissato
prima di splendere non vuol dire che nessun sole potrà mai illuminare la
città dell’uomo. Senza speranza, comunque, la notte è sicura.
2.1 Essenziale è conoscere
La
riconfigurazione della tavola dei saperi che per quasi novant’anni
(dal 1923) hanno costituito il punto di riferimento della scuola e
della società italiane potrà essere un tentativo di grande significato,
un cercare di intraprendere una navigazione culturale e pedagogica negli
oceani del nostro tempo. Sarà una navigazione che sa quanto lontane
siano le mete e che avrà memoria dei porti da cui parte.
Si
tratta di capire quali saperi e quale loro articolazione possano
aiutarci a interpretare il nostro tempo e a pensare al futuro. Quali
sono i saperi che ci consentono di assumere decisioni ponderate in uno
scenario di vita in cui fare previsioni a lunga scadenza sta diventando
impossibile? Quali saperi consentono di orientarci nel mondo e nella
vita? Quale curriculum tra i saperi può sviluppare non tanto le
competenze o le conoscenze, ma la pura capacità di conoscere?
Va
scelto l’essenziale (e non il minimo) perché nell’essenziale c’è il
nucleo generativo del conoscere. L’essenziale è essere in potenza e si
coglie alla partenza, non al traguardo; è chicco di grano che contiene
in germe la piantina; è destinato a crescere, il minimo a estinguersi.
Il
dibattito sui saperi (estensioni del campo di possibilità del
conoscere) avviato qualche tempo fa, pare aver subito una battuta
d’arresto; adesso la questione generale parrebbe essersi ristretta a
quella della “competenza” e alla misurazione del raggiungimento dei
relativi “traguardi”.
Il conoscere essenzialmente è
- tensione a
costruire significati culturali e esistenziali nella relazionalità
intesa sia quale intersoggettività che interconnessione con la totalità
dei fenomeni
- tensione, radicata nella memoria, a interpretare, rivedere, inventare, progettare
- tensione a creare significati condivisibili entro contesti e storie differenti e diverse
-
precario possesso di strumenti che amplificano, senza asservirle,
assorbirle, depersonalizzarle, le possibilità intellettuali e
pratiche del soggetto
Conoscere è attuare un discorso che é animato
da tensori interni ed esterni e si attua come percorso indagante,
consapevole della prossimità a molteplici radici degli eventi,
allocabili nella pluralità degli spazi e dei tempi, che ci sono ignote.
Un curriculum (tra le conoscenze) é essenzialmente un vettore che
attraverso porte talora semichiuse e proponendo sistemi simbolici
unitari riprende il carattere organico e armonico ma sempre incompiuto
del pensiero.
I saperi (costellazioni di conoscenze) dunque
costituiscono la condizione necessaria per pensare e per educare la
mente a conoscere il mondo.
La scuola, luogo di cultura, forma
negli alunni e consolida nei maestri menti critiche, autonome,
creative, interroganti, menti che hanno memoria e dunque sanno
guardare avanti.
2.3 Sulla competenza (la cassetta degli strumenti del robot)
Al
di là degli Orientamenti, delle Indicazioni o dei Programmi “storici”
esiste una perenne teleologia programmatica che assegna alla scuola
finalità di alto profilo, importanti in tutti gli ordini di scuola: la
promozione di una nuova qualità della vita, lo la maturazione
dell’identità, la conquista dell’autonomia. Sarà adesso importante
tutelare i campi di esperienza e le discipline dall’approccio
prestazionale, “americano”, di un’azione in vista del raggiungimento
di obiettivi e traguardi che tende a far emergere solo la capacità
prestazionale senza curarsi troppo di aiutare la formazione del pensare
il mondo, di interrogare gli eventi. Quel che conta non è per molti
l’andare ma il raggiungere traguardi, possibilmente prima degli altri.
Sarebbe il trionfo dei risultati, della non considerazione dei principi.
L’enfasi
sulle competenze -disancorate dalle conoscenze- esprime una
subalternità della scuola al mondo dell’economia; si tratta di far sì
che i soggetti siano messi nelle migliori condizioni per rispondere alle
esigenze del settore produttivo che chiede alla scuola di formare
individui che sappiano adattarsi alle sempre mutevoli esigenze del
mercato (vedi la stessa accentuazione su alcuni valori quali la
flessibilità, che avviene non a favore dello sviluppo intrinseco della
persona ma in funzione dell’economia).
La centrazione sulle
competenze (con messa in silenzio dei saperi e delle conoscenza) appare
alla scrivente fortemente riduttiva perché enfatizza un aspetto
periferico e strumentale del sapere; la competenza non può collocarsi
al centro e rappresentare l’unica prospettiva di impegno pedagogico.
La
competenza viene proposta da alcuni documenti ministeriali quale
prestazione misurabile e certificabile. Le conoscenze sono in questa
prospettiva “apparati serventi”; asservite pertanto alla produzione di
risultati. Conta l’esito, il raggiungimento del traguardo…..
“Traguardi”?
A nostro parere, il rischio è quello di offrire una traccia
pretenziosa ma nel contempo molto debole del processo di crescita,
soprattutto nelle età più intensamente evolutive della vita. Decisamente
parziale e miope soffermare l’attenzione solo su ciò che è osservabile.
Il processo di crescita non sempre è graduale e progressivo; i tempi
possono essere lunghi, differenziati e i sanzionamenti rischiano di
ridurre le motivazione ad apprendere. Pensiamo all’ educazione quale
apertura al possibile; va allora data importanza, attraverso un
atteggiamento di attesa attiva, anche a ciò che ancora non c’è.
E’
la cultura e il modo in cui si interagisce con essa che consente alla
mente di formarsi. Si tratta di aiutare il ragazzo a costruirsi
disposizioni affettive, cognitive, relazionali, modi di guardare il
mondo che abbiano valore di tipo generativo.
Sul piano
epistemologico, conta la costruzione della conoscenza, contano i
saperi: le competenze sono loro effetti secondari , graditi ma
secondari, in quanto capacità di uso e di applicazione dei saperi.
Sono derivati della conoscenza, conseguenti a un percorso di
conoscenza. Costituiscono la positiva scoria di processi di
comprensione. Non si dà competenza senza conoscenza (la terra), senza
cultura. Un soggetto che tende alla competenza costruisce un quadro
teorico in grado di render ragione dei fenomeni culturali e fisici
nella loro complessità e interezza.
Non che il termine competenza
sia disprezzabile. Non può però essere posto come valore di per sé; la
competenza va pensata nei suoi rapporti con la conoscenza e con la
globalità dell’esistere del bambino e della comunità educante perché
altrimenti diventa valore insensato in quanto interessato a un accumulo
di risultati che potranno anche essere spendibili sul piano economico ma
che non aiutano la formazione di un soggetto autonomo, dunque non
“suddito”, asservito alle varie province della globalizzazione, ma
cittadino.
2.4 Attribuzioni di significati e ipersignificati al termine competenza
Competenza
è una parola usata come una fisarmonica; viene impropriamente usata per
designare anche molti aspetti attribuibili al termine “conoscenza”:
- capacità di trasferire le abilità in contesti diversi
capacità
del soggetto di entrare in rapporto con il mondo, con gli altri, con
se stesso avendo acquisito abilità e strumenti che gli consentono di
effettuare questa operazione (Piero Bertolini)
Fermo restando
che compito essenziale della scuola è educare al conoscere, istruire
nelle competenze può voler dire vincolare come liberare. Dipende dallo
spirito.
Quando sia corollario di un percorso di conoscenza, aiutare
qualcuno a divenire competente può voler dire aiutarlo a sopravvivere
con minori difficoltà. Quando l’istruire alle competenze è lo scopo
principale, la scuola è luogo di mortificazione della singolarità.
Riferimenti bibliografici
Boselli, G. Non-pensiero. Scenari e volti per un'educazione al pensare venturo, Erikson, Trento 2007
Saskia Sassen Territorio, autorità, diritti, Assemblaggi dal Medioevo all’età globale, Bruno Mondadori editore, Milano, 2008
La rivista Encyclopaideia (Bononia University Press, Bologna), la rivista elettronica Paedagogica
|